Tu chiamale se vuoi emozioni!

Un sabato pomeriggio di inizio marzo decido di recarmi al campo per stare un po’ insieme ai fratelli della Old. Arrivo ed un caldo sole mi conforta. L’ultimo tratto è illuminato dal sole ed ho la sensazione di fluttuare sopra ai suoi raggi. Capisco che sarà un pomeriggio particolare. Sono nella mia comfort zone, nella mia best place Mi accoglie una luce che fa risplendere il verde manto erboso dell’Angelo Trombetta ho la netta sensazione di sentire la sua voce che mi dice “Giovanottone”. Un pensiero si sblocca e mi assale.

Quanto tempo è trascorso dall’ ultima volta da quando sono entrato sul terreno di giuoco? Faccio mente locale ed un rapido conto. Sono quasi cinque anni che non metto piede su quell’erba fantastica che tanti ricordi mi evoca. Che fare? Restare fuori o avventurarmi da solo? C’è un bellissimo sole, le gambe girano, le stampelle canadesi anche, mi butto di corsa (si fa per dire)in campo. Superata la rete di recinzione riaffiorano i ricordi.

I riti scaramantici: L’ingresso in campo prima dell’inizio partita dovevo essere sempre l’ultimo ad entrare con i calzettoni abbassati e dovevo fare un saltino. Uno sguardo al ciel , le scariche di adrenalina.

Torno al presente.

Continuo a piè’ veloce verso il mio obiettivo, il centrocampo dove avrò una visione totale del campo. Rivolgo lo sguardo verso quella che storicamente è la nostra panchina.

Riaffiora il ricordo: quando giocavo non ero un fenomeno soprattutto negli ultimi anni di carriera, anche se quando venivo chiamato in causa davo sempre il massimo, quindi la panchina l’ho vista spesso (anche la tribuna in verità) ricordo che mi incazzavo molto quando restavo fuori perché non mi capacitavo di non poter giocare. Con il senno del poi è stato giusto così perché c’erano giovani scalpitanti molto bravi e molto più performanti di me.

Dunque sono in prossimità del centrocampo noto che a bordo campo c’è il presidente con un altro consigliere della società che sistema alcuni striscioni pubblicitari. Penso “il Presidente è un grande ogni sabato pomeriggio fa il maquillage al campo “.

Nel frattempo raggiungo il centrocampo mi si sblocca il ricordo di una meta che feci contro il Vasari Arezzo un intercetto proprio lì a centrocampo una sgroppata a perdi fiato conclusasi con la realizzazione più soddisfacente della mia carriera, nell’area di meta l’opposta al Vélino

Nel frattempo il presidente viene verso di me ed esclama “Lambe’ la palla te la do io”. Sono rimasto flesciato : per più di qualche secondo ho avuto un deja vu, nel mio metaverso, ho indossato di nuovo la maglia dell’Avezzano Rugby ed ero a sostegno di Alessandro. Quando ho realizzato che la mia suggestione aveva superato di gran lunga la realtà sono scoppiato in un pianto quasi disperato. In realtà non era disperazione ma bensì gioia.

La gioia di avere consapevolezza che niente e nessuno può cancellare la vita vissuta i straordinari momenti che hai condiviso con le persone di cui ami circondarti. Momenti che puoi rivivere solo in posti ed in luoghi particolari come il campo di Via dei Gladioli.

Quindi ,passato il severo attimo emotivo, ho continuato la mia sgambata sul soffice tappeto erboso arrivando fino in area di meta.

Il mio sabato particolare è terminato sono stato in un frullatore di ricordi ed emozioni ma consapevole che tutto si può affrontare .

Stavolta non ho parlato di vittorie di finali di trasferte e forse vi avrò annoiato.

Voglio solo dirvi che il rugby e L’Avezzano Rugby può salvare la vita o quantomeno può dare i mezzi per farti vivere meglio.

Fidatevi.

Lambo

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5 risposte a “Tu chiamale se vuoi emozioni!”

  1. Bellissimi parole che non possono annoiare, ma bensì, commuovere. Il rugby è la linfa della nostra vita, e grazie a te, ne riviviamo ricordi lontani nel tempo ma presenti nella mente. Grazie Lamberto e, “non si molla mai”.

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