Essere Old

Quello che si pratica nella Old non è rugby, ma molto di più. Pratichiamo una sorta di pentathlon moderno con queste discipline:

Acchiapparella: ognuno tenta di prendere l’avversario con risultati spesso vani;

Palla avvelenata: aspetti il passaggio dal compagno che ti arriverà da tutte le direzioni tranne che tra le mani;

Quattro cantoni: attendi buono buono, zitto zitto, in un angolo del campo facendoti trovare pronto nella scongiurata ipotesi che il pallone passasse di li;

Nascondino: ti nascondi dietro uno o più compagni nella speranza che nessuno ti possa passare il pallone e nella sciagurata ipotesi che ciò avvenga pensi “ma con altri 14 giocatori proprio a me questa disgrazia”;

Mucchio Selvaggio: consiste in una serie di tuffi a terra scoordinati ed inutili per la conquista della palla. Tutto è consentito e il risultato è, appunto, una calca di giocatori informe e difficile da districare.

Siamo cintura nera di terzo tempo, unico e vero scopo di qualsiasi squadra Old. Banchetti luculliani a base di pasta e fagioli, salsiccia e friarielli, trippa, con l’immancabile fiume di birra. Un enorme ringraziamento allo chef Magico Massimo e alla sua mini brigata formata da Maria Grazia e Valerio.

Già il regolamento, che le squadre old sono chiamate a rispettare, comporti che si giochi a un altro sport:

Le mischie sono “no contest”, ossia non si può spingere in fase di ingaggio;
Non si può fare l’ascensore in touche;
Non si può calciare il pallone se non dall’interno della propria area dei 22 metri;
Non si può contendere la palla a terra, in buona sostanza non si possono fare ruck.
In teoria non si potrebbero fare più di 20 metri palla in mano;
Non si possono placcare giocatori che indossano pantaloncini rossi;

Tutte regole atte, giustamente, a preservare l’incolumità dei partecipanti. Quindi giochiamo un rugby a libera interpretazione. Qualcuno a ragione potrebbe obiettare, “ma perché allora scendete in campo?”.

È presto detto ( ora divento serio):

Perché ci divertiamo un mondo, perché siamo malati di rugby, perché ci piace ricordare quando eravamo giovani, prestanti e performanti (in realtà pensiamo ancora di esserlo), perché pensiamo di poter fare tutto quello che facevamo a vent’anni, poco importa se la testa ti dice di fare una cosa e le gambe fanno l’esatto contrario.
Perché pensiamo di poter sfidare i giocatori più giovani che in realtà ti girano intorno senza farti capire nulla.
Perché ci piace ancora farci le fasciature protettive prepararci per l’incontro, sperperare tutto l’ossigeno a tua disposizione già nel riscaldamento.
Perché ci piace la sfida, non sopportiamo la sconfitta (nel rugby non esistono partite amichevoli).
Perché ci piace discutere animatamente con un compagno di squadra per un passaggio sbagliato per un sostegno non dato e ci arroghiamo il diritto di sapere e capire di più del nostro amico di maglia.
Perché nonostante tutto soffriamo in silenzio i dolori ed i segni post partita con un certo orgoglio e vanità .
Perché in fondo ci piace sentirci vivi.

Credo poco nel classico “momento di aggregazione” che sì, per carità, esiste, ma penso siano più motivazionali gli argomenti sopra elecanti. Non credete? Mi sono arrogato il diritto di disquisire, perché sono io tra i principali responsabili del pentathlon rugby: sono stato tra i primi adepti dalla fondazione, giocatore ed addirittura allenatore della Old Avezzano Rugby.

Nel 2005 un gruppo di ex giocatori capeggiati dall’attuale allenatore Danilo Ranalletta decide di fondare la Old Avezzano Rugby. Si contattano tanti amici rugbisti, l’adesione fu adeguata e si riuscì a fondare una società ed una squadra. Tanti volti noti e qualche neofita che si avvicinò al rugby per l’occasione. Partimmo col botto: prima uscita ufficiale fu un torneo in Francia, precisamente Saint Savin, al centro del paese transalpino. Trasferta rigorosamente in pullman con partenza a mezzanotte. Portammo con noi una cambusa con ogni ben di Dio: formaggi, salsicce, salami, porchetta, eravamo seriamente preoccupati che, qualcuno durante il lungo viaggio, potesse avere un calo di zuccheri.

Tra una sosta e l’altra (a base di “fantasia di porco”) arrivammo in Francia accolti addirittura da qualche autorità di Saint Savin. Aneddoto divertente: durante la cena di gala, un nostro compagno invitò a ballare una bella signora non più giovanissima. Avvicinatosi al nostro tavolo ci disse non proprio elegantemente “che ne dite de sta’ tardona?”. La signora di tutta risposta disse “Anche se sono in Francia da 50 anni sono Italiana e capisco molto bene l’italiano”. Una bella figura marrone che però si concluse con una risata generale.

Sempre in Francia, nel 2011, un altro torneo internazionale a L’Isle sur la Sorgue dove eravamo l’unica squadra Italiana. Presentazione delle squadre con l’Inno di Mameli, canto degli italiani, orgoglio unico di rappresentare il nostro paese. Quindi tornei a Praga, a Monaco di Baviera all’Oktoberfest, in Romania, e l’Italia girata in lungo e largo.

La Old è un crogiuolo di amici con la A maiuscola

Amici di una vita: Aristide, Danilo, Gianni, Angelo, Lorenzo, Peppe, Pasquale, Andrea, Carlo, Walter, Francesco, Alessandro, Loreto, Luca M.,Roberto R., Luca T., Pietro, Massimo C., Massimo I., Aliante, Claudiu, Antonio, Nico, Rocco, Mario DR, Mario C., Stefano G., Fabio, Valentino, Mario L., Davide, Edoardo, Vittorio, Adriano, Marco, Roberto S., Arnaldo e Armando.

Spendo “due parole” su “Braccino, sono certo che non sarà felicissimo di questa pubblicità , ma non posso esimermi… Un giorno gli dissi “Sei una persona di cui si sente la mancanza solo quando sei assente”: lo vidi perplesso e un pò sorpreso, perché non fui bravo a spiegarmi che volevo fargli un elogio. Questo per dire che senza lui la Old non gira e tutto il movimento rugbistico avezzanese sarebbe fortemente penalizzato. Sbraita, borbotta, rompe i zebedei anche ai sassi, discute con chiunque, anche con l’orso che si trova all’entrata del campo, ma senza “Braccino” non si canta messa.

Un’istituzione e un grande amico.

Amici ritrovati (mai persi) come i “ragazzi di Celano”, Diego, Vanni, Livio Nazzareno, Pasquale, Gabriele, Fabio.

Nuovi Amici: Riccardo D., Maurizio, Giovanni, Luca P., Roberto F., Luca R., Lucio, Stefano V., Stefano DM, Pasquale L.

Amici di Sulmona: Nunzio, Massimo, Emanuele

Gli Amici della Gran Riserva Roma con cui c’è un solidale gemellaggio con un interscambio di giocatori in occasione dei tornei .

Gli Amici che purtroppo hanno passato il pallone Pino, David, Alessandro, Checco che sono una costante presenza.

La squadra Old dovrebbe essere un patrimonio di tutte le società di rugby, perché formata da persone che mettono a disposizione del rugby tutta la passione e l’amore che muove la nostra disciplina.

Nello specifico dell’Avezzano Rugby oltre la metà del consiglio direttivo è formato da componenti della Old: www.oldavezzanorugby.it

Sono stato un po’ scanzonato e goliardico, ma sono estremamente serio e convinto che la Old è uno dei capisaldi su cui si dovrebbe fondare tutto il movimento rugbistico di base.

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6 risposte a “Essere Old”

  1. Credo che l’amicizia ‘non amichevole’ con noi Triari sia fondata anche sulla condivisione di quanto Danilo svela della nostra passione comune e dei nostri comportamenti. Orgoglioso di aver indossato, sia pure per pochi minuti, la vostra maglia con l’orso acciaccato, vi abbraccio con forza.

  2. Apprezzo molto le considerazioni degli amici Mario e Luigi…
    Comunque essere scambiato per mio fratello Danilo mi lusinga..
    Ci sono abituato da bambino ho avuto delle crisi d’identità mi chiamavano tutti Danilo, anche mamma a volte
    Un abbraccio agli amici Triari
    Lamberto

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